La mia storia a fumetti (2)

Riprendiamo da quel momento di primavera 2015 in cui mi si nota rasserenata e taciturna, e la family inizia a sentirsi disorientata e confusa per tale novità.

Percependo che il vicinato non solo ha notato un cambio repentino del mio comportamento ma che mi sta proprio per questo maggiormente attenzionando, li sento emozionarsi della vera Roby che esprimo, nella quotidianità del mio piccolo grande mondo di disegni e creature di fantasia. Li sento coccolarmi… accarezzarmi.

A quel punto rivolgono le cineprese e l’interesse anche sul motivo di quel mio stato taciturno e auto riparato ovvero la mia family, e se da un lato non avevo certo intenzione di esporre nessuno dall’altra mi dà la speranza che questi vicini stessi possano ora loro intervenire anche con piccole pressioni e segnali alla family. Ciò che in pratica avevo subìto io fino a quel momento e con la differenza che ero sola contro tutti e che io resto mossa da risolvere davvero i problemi senza accanirmi con nessuno.

> 3 anni dopo

Con un flashback, un piccolo salto temporale al 2018, la situazione familiare che ci si può figurare non è poi cambiata, il mio disagio non è affatto migliorato mi sento sempre inibita entro il nucleo degli affetti a cui si aggancia un cognato che non mi ha sicuramente in simpatia. È ancora un’epoca della mia vita in cui non riesco a non sentirmi una vittima ma proprio il 2018 rispetto soprattutto questo aspetto sarà l’anno DELLA SVOLTA.

Il sesso penso oggi sia stato un ambito nel quale potevo essere nuda, priva di quegli indumenti che sono i costrutti morali e sociali, nuda dalle vesti: e la veste che sentivo obbligata era quella di eterna figlia, bambina piccola e orsetta senza una sua vita erotica e pure senza un intelletto molto buono che non ha niente da invidiare a nessuno.

Entro poco parteciperò alla mia prima collettiva “Non solo musica” di Anna Soricaro, potrò finalmente non avere più interesse per le circostanze moleste dell’abitato ma protendermi al futuro: Il mio interesse sarà spostato sempre più a ME STESSA. Mattone dopo mattone. Ecco perché il 2018 rappresenta la svolta.🎉

La mia vita da là è destinata ad aprirsi e potrò trovare la mia strada, a un anno e mezzo dalla interruzione definitiva delle cure farmacologiche, finalmente non solo ritrovo l’assetto cerebrale ma seppur piano piano mi incammino credendo in me stessa. Il cambiamento non sarà evidente, soprattutto entro il fatto di vivere ancora a Milano in un posto privo di dignità. L’arte sarà la chiave in termini di esposizioni collettive e gallerie più o meno online.

Ma ritorniamo un po’ a quel 2015…

Era maggio e come raccontato iniziai a tenermi conforto con l’arte terapia, di cui avevo colto l’approccio nel lontano 2011 presso le botteghe Niguarda; stavo davvero curandomi, portandomi a uno stato mentale disteso anche perché non dovevo stare appresso alle difficoltà familiari (no contact), percepivo che i pensieri erano come sassi e tutti se ne uscivano via da quello che a livello sensoriale percepivo essere un buco, con tanto di mulinello solo che non era d’acqua che andava giù ma materia mentale che si liberava. Fu una esperienza particolarissima e piacevole che non dimenticherò mai.

In questo, la situazione non era certo ben vista dalla mia famiglia, la quale finalmente fu oggetto anche lei di attenzioni del vicinato e fu per la prima volta intuito dal quartiere che non ero io a stare peggio degli altri componenti.

Come si può immaginare essendo una situazione niente affatto normale questa cosa di essere monitorata, e di stabilire un contatto affettivo con chi mi aveva sempre filmata per un gioco sessuale risalente già al 2004, era anche una situazione patogena e a rischio, carica di emozioni dove tutto poteva accadere da un momento all’altro. Il fatto di chiedere aiuto esterno e sperarci proprio da questi vicini mi rendeva vulnerabile e ancora più vittima di quanto era mai accaduto nella dinamica con queste persone della Trecca poiché quello che facevo era un chiaro segnale di fumo e di soccorso. Pensai dovessi tenermeli buoni, e che tutto lo sviluppo di situazione gravava unicamente nelle mie sole mani essendo anche vittima della famiglia.

Tra le tavole della storia a fumetti sul 2015 vi sto inserendo anche diversi disegni formato A4 orizzontale, di una serie che ne conterà senz’altro oltre 200 e facenti parte appunto di quella mia sessione terapeutica fatta da sola. Sono disegni molto espressivi, e certamente particolari, non per tutti probabilmente anche se con i giusti strumenti per apprezzare l’arte credo che non siano nemmeno enormemente difficili. Molti di questi disegni, non tutti ma una selezione, sono stati usati per il volume illustrato “Primavera. Il beneficio della poesia e dell’arte terapia”. Nella parte finale di questo volume a fumetti vi metto alcune poesie tratte dal libro che composi tra settembre e ottobre dello stesso anno 2015. Un vero e proprio romanzo fatto da poesie ermetiche. Ulteriori poesie le potete trovare nella sezione delle poesie di questo sito.

Fine luglio 2015 vengo così ricoverata in reparto psichiatrico.

Rinchiusa con l’inganno, in questa come in precedenti volte in effetti io stessa trovo preferibile allontanarmi un attimo dai dispetti che sussistono in casa per il comportamento vissuto come un affronto, un prendermi gioco della mia famiglia.

Entrata in serata nel reparto all’ospedale Sacco di Milano, tento di dialogare con i tre infermieri di turno riguardo l’accaduto, e per tutta risposta con fare scocciato l’infermiere Massimo mi invita a fare la brava assumendo senza tante storie tutti i trattamenti farmacologici così da risolverla in pochi giorni e poter tornare così il prima possibile a casa. Dice che ha ricordo di me, ai tempi del centro riabilitativo terapeutico (crt), come una ragazza matura e giudiziosa e che restare io responsabile sarà una buona scelta. Non trovando evidentemente molto ascolto inizio per la forte rabbia e agitazione ad andare avanti e indietro per il lungo corridoio conversando concitatamente da sola, un altro infermiere mi prende in giro in modo sprezzante. Accetto infine di essere sedata per poter magari riposare e affrontare il giorno dopo e quelli successivi in condizioni più sostenibili; intanto so di essere passata da uno stato idilliaco con la mia cullante musicoterapia a quel girone infernale senza nemmeno più la protezione del silenzio e della non parola. Sequestrata e tolta dei miei effetti e del cellulare, non ho scelta.

Affrontati con tutte le residue forze i primi giorni di ricovero, proseguo senza ribellarmi. Le ore, i minuti avanzano lenti e interminabili tra gente che chiacchiera rumorosa e tanta ipocrisia e superficialità; i camici bianchi sanno di poter gestire le esistenze dei malcapitati in modo autoritario, con il supporto degli infermieri leccaculo. Sebbene sia una situazione che conosco già, anche in questo caso sarà traumatica per me, soprattutto perché il TSO è paura dello stesso una volta ritornata a casa, un fondale di minaccia che mi causa ulteriore incertezza e disagio. In quel momento voglio illudermi che i vicini di casa tengano per me intenti buoni e scrivo loro.

Pochi giorni prima del ricovero, giugno 2015:

Pochi giorni dopo il ricovero:

Il clima nel TSO allenta di tensione per darmi idea di essere stata veramente male e aver avuto deliri persecutori prima di tutti quei bombardamenti di farmaci, farmaci di cui non mi è chiarito granché e che in estate 2015 include anche 3 antiepilettici.

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