
Candele
Quando iniziai a illuminare
il così crudo e selvaggio nero,
scacciare era l’unico pensiero
la culla di cui ebbi sicuramente fede.
Baratto attualmente la morte con la noia, il pericolo con le certezze
e la mia umiltà di un tempo
è l’ego d’oggi disperato.
Un’altro nero è giunto attorno a me
e una preghiera provo a volgere a te.
La mia ambizione in fine delle cose
è di dare tutto questo amore
un “no!” temuto non sarà più valente
di saper che la fine tutti ci attende.
Un tesoro è caduto con gioia negli abissi
della divina memoria.
Ecco onorata la mia per sempre sconosciuta storia.
Navigherò senza meta e senza pescatori
solo per sentire brezza e odori.
Benché non veda un faro questa sera
ma la speranza labile di una candela
(scritta nel 2007)
Piccola nota: Nel 2007 stavo attraversando un momento difficile, sia mamma che papà erano stati male avevano dovuto fare degli interventi importanti, ci si era molto spaventati e successivamente l’atmosfera in casa era carica di fatica e insofferenza. Proprio quell’anno valutai se il CRA (centro diurno) associato al mio psichiatra di zona potesse essere da me usato con l’idea di imparare magari a vivere da sola, decisione che non fu compresa da mio padre anzi e che aveva l’intenzione di sollevare i miei stessi genitori dal dovermi stare dietro.
La prossima poesia si intitola
I mattoni
Sto mettendo i mattoni della mia casa
e sono entusiasta!
però qualcosa non va nel mio loco
non so in cosa consista
perché ho quel che occorre, e non è poco.
Vorrei scappare dal passato e tuttavia
la mia vecchia casa di fango è la mia.
Una frase non sopporto, non saprei
nel bilico relativistico e irrazionale
un unico punto fermo vorrei.
Un cielo che può essere mare
un albero un uomo dai verdi capelli
un cuore un universo o un altro cuore
or ora è cosa che mi dà dolore.
Sono una pietra vagante,
e similmente a me, certe parole,
che sento in superficie del mio cuore
ogni volta sono la salvezza
ed ogni volta sono incertezza.
Specchi alterati senza alcuna tenerezza
di una realtà univoca che forse non esiste.
È la tua mano che vorrei toccare
non un consiglio che sempre insiste.
(scritta nel 2006)
Piccola nota, il periodo è dunque più o meno lo stesso della poesia Candele, entrambe stanno emergendo alla coscienza un bisogno di ricerca, di sentirmi “casa”, una candela che illumini le mie tenebre. È stato un periodo particolarmente fecondo che ha subito preceduto gli anni del grande risveglio di coscienza (2011-2014). In “i mattoni” ciò che espongo è l’idea nitida che il pensiero ossessivo mi tormenta con le sue preoccupazioni e quell’infinita sensazione di traballare senza terra sotto i piedi che conduce addirittura la dimensione della fantasia a poter diventare uno scenario delirante di angoscia. Cerco risposte e verità, certezze in quel 2006 circa, certezze che la vita d’altronde non può davvero offrire. È chiaro che stavo molto male e ancora più chiaro è il ruolo altamente terapeutico attuato dalla poesia scritta.
Alcuni disegni di quel periodo:



Casa
Ruoto il mappamondo sperando
di andar lontano in posti felici
e spensierati.
Certezza che andar lì lascerebbe
un calore eterno nel mio cuore. Per ora
i luoghi a me cari non resistono
a lungo, se ne vanno
prima o poi,
frettolosi di diventar polvere.
I luoghi a me più cari
erano beffarde comparse,
posti di passaggio,
persone che ancor amo
benché abbia tanto sperato amore
da una lastra di vetro e ferro
e muro di mattone.
Il luogo a me più caro è un luogo di dolore.
(scritta nel 2006 circa anche questa)
Mamma a colori
Ti proteggo io, piccola bambina in bianco e nero
dalla solitudine, dal tradimento,
dal disturbo dal turbamento.
Da qualsiasi adulto non sappia essere sincero.
Il tuo natale arriverà:
porto doni a chi li vuole.
Ma per la mia Mamma
ho un pensiero sincero.
Corro controvento
e salgo montagne ripide e aguzze
per portarti una vita più felice.
Ora il vento ci accarezza
le nere montagne son vallate fiorite.
Irraggiungibile coetanea sfocata e giallastra
corro incontro a te, inseguo i tuoi pensieri.
Figlia, amica, moglie.
Per quanto giovane vedo in te
una fotografia della mia mamma
eppure tenero bello amore mio.
(anche questa circa della stessa fase 2005? 2006? Non oltre)
Foto con mia sorella primogenita, mamma e Simona, 1973.


Le apparenze (modificata nel 2024)
Uomo, primogenito di Dio,
talentuoso, geniale.
Hai creato le città, le meraviglie umane, i veivoli, i veicoli, le arti, quasi tutto di quel che ha il nome “mondo”. Sei l’inventore, narratore, viaggiatore, esploratore.
Eroe.
Tu, dal cuore implume da una parte, e una segreta ninfofilia dall’altra.
L’attrattiva per ciò che non conviene.
Resti colui che vaga e vuol conoscere. Colui che non sta nel suo. Quel delizioso giovinetto curioso e intraprendente, alla bottega di maestri che ti contendono per poterti iniziare.
Il trofeo del tuo babbo, e il pene della tua orgogliosa mamma, sfoggiato con la visione d’una esaltante maschile estensione.
È appagante educare un inesperto.
Ecco la tua frequente formazione per sommi capi, una ricerca del maschile, di fratelli, per le sottane da temere.
E cosa schizza all’allievo il maestro se non tutte le credenze proposte come fiera appartenenza?
Siete spontaneamente politici innati, voi uomini.
Ma siete anche, non potendo creare bambini, i più ispirati disperati ineguagliabili creativi.
Poiché il mistero della donna ti turba, la sali come su per la montagna, sei arrivato sulla luna ma a lei non la raggiungi.
Sento il grido d’un bambino che chiede accoglienza, una carezza.
Invece trovi sperma di preconcetti e idee che si fondano sulla coercizione di fare cose da “maschi” ed evitare la dolcezza, la pace, la fratellanza.
Eppure, colui che conosce la gentilezza, la sensibilità ha una struttura portante che è avere anima, e quella non la turbano i dubbi adolescenziali,
non la tocca l’agonismo di chi piscia più lontano e qualsivoglia questione gerarchica che puzzi di sudore e spogliatoio.
La bontà d’animo quanto la lealtà coraggiosa e nobile, non è sfiorata dalle danze di cervi in amore che si scornano o dalle valutazioni femminili.
Ma come uomini, tenete necessità di farvi compatti a testuggine, esaltando il contrario del femminino come se distinguersi fino a opporsi di netto vi rendesse più valorosi ma non si è mai più simili di quando ambo le parti praticano rancore.
Abbattilo tu questo totem che dice “Sii un Uomo più Uomo”.
Buttiamoli giù questi modelli sull’essere sopra gli altri!
Li hai creati anche tu!
Incuranti che più spesso vi si ama, noi donne, anche quando vi critichiamo, sia quando vi amiamo teneramente.
Forte padre, dove sta la tua vera violenza
se non nella tua bellezza peculiare
che a te mi fa soccombere?
Questo potere lo usi a volte in modo sleale, ed io donna non mi sottraggo,
evidentemente, per recuperare
nella gioia ubriaca un po’ di innocenza perduta.
Non ci si tiene a venirvi sempre contro e nemmeno a stare sul chi vive. Dite che appuntiamo dettagli e non sapete le tante cose che dimentichiamo, scrollandocele per voler perdonare sempre e comunque
anche comprendendo i vostri parametri e adattandoci alle vostre logiche che sono quelle di un mondo maschile.
Quel che si definisce amore
a volte è solo una follia.
Dici di te che sei conoscitore delle donne, se nemmeno io
comprendo chi sono, benché
migliore di te in somma verità io non sia
anche a causa di quella sinonimia
che a volte mi onora a volte getta fango.
Che mi serve esser musa
o la galanteria, da tua ingenua parte
se poi la ragazza violentata avrà capelli di serpi e sguardo che ti trasforma in pietra?
E ciò che amo dei miti greci è che sono veri,
e danno voce a quel territorio comune che è interiore e il solo che veramente conta.
A che serve l’amore, se ella codarda offre il Peccato, o ne è la
carne?
Ti senti solo e brutto, sgorbio fallito ed incapace.
Ma siete voi che ci avete messe in alto non per merito individuale ma per il vago trasporto erotico a un genere interamente.
L’amore non è illusione erotica.
E se notassi che ti amo anche quando non ti do’ ragione.

Perché? Perché?
Se io ti chiedessi:
“Ma perché, perché??”,
la mia principessa direbbe di certo,
“Non lo so, ma non ti amo.
Non è con te che mi compiaccio,
e fremo, e rido compulsivamente e ho paura.
Sebbene il mio amato sia solo un gioco da animare,
è questo sogno che voglio sognare.
Immaginare possibile ed eterno
questo perfetto cielo
blu cobalto.
Non ho detto un azzurro come un altro.
Ho detto cobalto!
Questi sassolini e i ciottoli lucidi
se non pure questa ghiaia e le piccole pozzanghere ove è riflesso il cielo
mentre tu che sei un favoloso prato fiorito ti vorresti rinnegare,
e io ne sto male.
Questa distesa di tulipani.
Ho detto tanti! tulipani!
rosso cupo!
Anche se è la rosa la regina dei fiori. Perdonami.
Della mia, mia verità.
Che tu possa apprezzarmi sol per questo. “
Invece non dici niente di tutto ciò ma puntuale,
sadico,
giunge
il tuo insostenibile silenzio.

Madre, insegnami
Madre insegnami ad amare
gli altri fratelli, il genere umano
come fosser esatti figli miei.
A darti dono del mio intero cuore,
anche con esseri della mia fantasia.
Angeli tangibili accanto a un mondo
che fa crescere in fretta le creature.
Senza più tenerezza, anche le donne
in attesa. Le vedo preoccupate, sole,
non sollevate. Destano il mio interesse.
Apprezzano sguardi qualsiasi ormai,
quasi sentendosi troppo coi loro pancioni, alcune.
Parrebbe meglio di niente, un particolare battito insistente il guardarle il fascino di donne
per le smarrite foglie gravide,
e come foglie al freddo, si lasciano cadere.

Da questi primi componimenti, alcuni aggiustati delicatamente di recente essendo certi originali un po’ caotici concettualmente e ben poco corretti tra maiuscole, punteggiature, verbi e termini, sono passati circa vent’anni. Qui mentre scrivo in compagnia del peluche Koniglia, nel 2005, agli albori proprio del mio percorso poetico che esordisce in modo giocoso e ben poco pretenzioso con semplici riadattamenti di filastrocche e di testi di canzoni. Ero mossa dal volermi rendere comprensibile nelle sedi psicoterapeutiche: non mi capirono comunque, ma io scoprii la forma espressiva poesia.
Da lì passa circa un decennio, molto nel frattempo era accaduto, incluso il fatto che avessi iniziato a pubblicare con una casa editrice a pagamento la “Eventualmente”. Ecco una delle mie numerose silloge pubblicate con loro: “Oltre”, del 2017, poesie di circa il 2016.



Bisogno (contenuta in “Oltre”, 2017)
Rendimi attraverso i tuoi occhi
io ti prego,
una montagna frana a volte
e quando il cielo si fa buio
accende stelle.
Rendimi per quanto dovrei
reggermi da sola
s’ intreccia volo di rondini
ed io t’amo! T’amo! E ti pretendo.

Musa
Buongiorno mondo
dammi le crocchette
mentre assaporo l’aria fredda
di novembre,
lieto giorno all’uomo
trafelato già al mattino
maldestro
senza tempo
per l’incanto.
La soave priorità:
auspicabile far niente,
arte!
crogiolarsi
tra spigoli e cose precarie.
Può essere
che a volte mi si ami
e va bene
certo i grattini
sotto il mento
non mi spiacciono.
T’amo
perché cosa non è se non un
altro
amore
e non vi devo grazie
e non ne sono tenuta;
Per il restante tempo
lucido il mio pelo,
si staglia l’eleganza
dai gommini
e quasi impercettibile presenzio.

Indifferentemente
Io ti avrò!
E’ una promessa.
Tu,
non mi noti
sono solo una cosa come un’altra,
polvere che svolazza
anche per te
degnata solo da raggi di sole.
Che buon giorno sarà,
ragazzo mio,
quando da un pulviscolo
io esploderò.
Fui.
Poi tu, uomo
m’hai rinchiusa in un
minimo di polvere.
Ho perduto la mia bellezza per amarti.
Ah! bel giorno sarà,
essere tanto pieno di te!
Troverò pace interiore.
Mi troverò
dopo millenni di ricerche
e di tormenti
io sono la sola cosa che mi
sia mancata!
E t’avrò, perché no!
forse sì, chissà,
indifferentemente,
nulla mi importerà
non mi curerò più degli altri
e piangerai
da un cuscino duro
occhi nel buio
le labbra asciutte e amare
le mani dannatamente vuote.
Foto del 2017:


Sempre ovviamente da “Oltre” (2017) la poesia omonima verso la parte conclusiva del libro
Mi spingo oltre i miei
soliti pensieri,
anche se omaggiano con
alloro e collane di fiori
la dura strada Maestra
battuta fin qui,
sprovveduta e con me stessa.
Ricordano al vostro cospetto
quel che avete agito e quel che ho affrontato.
Come vorrei che rammentaste soli
senza dovermi racchiudere in un guscio
di noce, ma circondata da risate nervose
quando vorrei librarmi a nuove cime.

Dopo il 2020, finiti i rapporti con la piccola casa editrice Eventualmente per percentuali mai ricevute per libri che mi fu detto essere stati molto venduti (addirittura la prima storica silloge “Pietre” raggiunse la seconda ristampa) nonché per la scarsa cura posta nel catalogo d’arte “Roberta” (ultima e anche quella costosa collaborazione con Rampin) provo a passare al self publishing. Bisogna dire che la Eventualmente anche la ringrazio perché mi ha aiutata a credere in me, parere sul mio talento falsato o meno poco mi conta, credo nelle mie capacità anche in poesia e non mi sentirò mai arrivata. Sono sempre quella venticinquenne che gioca con le parole, perché si esprime e ne è felice, e lo farà sempre lontana dalle scene e da competizioni con giudici che definiscono di valutare oggettivamente ma in realtà molto spesso agiscono stroncature fini a sé stesse e al proprio livello di pregiudizi.
Io sono sempre quella giovane donna che fa qualcosa per sentirsi bene e che di tutti se ne frega 😍
Nella sezione Cupido nel mondo di Meta che è composta in verità da tre parti, puoi leggere interamente la mia ultima opera e così ho deciso che molte mie poesie da qui in avanti le renderò fruibili direttamente in questo spazio. Menomale che non ho fatto valutare da un servizio per autori il mio Senxual che contiene poesie più che hard, visto che già solo il romantico lavoro Cupido è stato reputato volgare, intriso di cultura patriarcale, esibizionista e pieno di banalità!😆😎
Un MI FOTTE UNA SEGA che non finisce.
😍
Poi vi metto ancora poesia in quella che sarà la pagina “Poesie 2”, ok? Portate pazienza.