


1° capitolo GLI ESPERIA
Tanti anni fa, nel quartiere dove vivevo conoscevo un tale Signor Antonio, un brav’uomo che oggi dovrebbe avere sugli ottant’anni, anche se dimostrava tanti anni di meno. Se calcolo, le volte più recenti che ci siamo incrociati avrà avuto senz’altro attorno ai sessantacinque anni, ed era ancora molto più piacente della gran parte di uomini maturi o quasi, comunque ben più giovani di lui. Naturalmente, da giovane donna quale ero gli riconoscevo anche io un gran fascino con quei folti capelli sale e pepe, uno meglio di Richard Gere, sempre d’una cortesia squisita e al tempo stesso verace e spontaneo. Devo confessare che molto tempo prima il distinto Signor Totò mi ammaliava, era pure più giovane perciò potete immaginare, una tipologia di uomo che in seguito ho preso di riferimento estetico, me ne rendo conto: Passata la “sbornia” di una certa attrazione lo vedevo poi come persona con un enorme rispetto, anche perché ne aveva passate di ogni venni ad apprendere. Con altre due, massimo tre? O quattro famiglie, la mia inclusa, era una delle pochissime persone a modo in quella zona degradata. In principio in realtà io ero stata un’amichetta di infanzia di sua figlia più piccola, Lucia, che non avevo di certo mai vissuto come una bambina con difficoltà ma anzi! Direi che per quel poco tempo insieme, se non erro un anno circa o forse meno di assidua frequentazione (avremo avuto otto, nove anni? Sì attorno a quell’età) mi appariva oserei affermare mitica, una bambina che sapeva il fatto suo e rappresenta uno dei ricordi più dolci, salvifici e formativi della mia vita; mio padre c’era e non c’era, per lunghi periodi manco si faceva vedere, io venni cresciuta da un nucleo matriarcale dunque mia nonna in prima linea, mia mamma mia sorella maggiore e la sorella di mamma mia zia Piera. Senza una ferrea guida andavo in giro a combinare guai e ne prendevo di sculacciate!

Senza mio padre ero inquieta, mamma passava dall’indulgenza della santa donna che era al dovermi inseguire per i casini che disseminavo e solo da grande ho capito quanto mi ama e quanto in realtà sia sempre stata anche fin troppo buona con me; la mia amica Lucia si presentò ai miei occhi solitaria e intimorita distante dagli altri bambini, aveva un’aurea dolcissima e con quei riccioloni fitti fitti tagliati corti mi sembrò lo ricordo come ieri una specie di angelo, non potei evitare di precipitarmi a conoscerla! Anche io per altri versi ero strana quanto e più di lei, lasciavo spesso tutti basiti e sempre più sentivo che il loro modo di essere era bacchettone e ligio troppo ai doveri, sempre un po’ così e che oggi definirei con la parola frustrati. Stavo volere o volare iniziando quasi ad adattarmi a ciò, ed ecco Lucia, là un bambino non ragiona… un bambino sente e basta e da ciò fa, e sempre ci prende.
All’inizio era timidissima anche con me, dei bambini ci guardavano, con un gesto della mano inconfondibile mi vollero far intendere che Lucia era parecchio toccata di testa e in effetti non proferiva alcuna parola anzi non si capiva se era in grado di ascoltarmi e percepirmi. La tenni d’occhio, sentivo che era una cucciolina, e ciò, nonostante il fatto che avessimo la stessa età. Ricordo che lei era più grande di me di molti mesi, io ero quel che si dice una bambina sveglia mentre Lucia nei modi sembrava più piccola e indifesa e in suoi mondi altrove.
Nell’apice della mia fase di piccola sbandatella un paio di anni dopo, ci eravamo spostate in un’altra via e casa, non molto distanti comunque da mia zia che invece era rimasta là nel ghetto: Riscontrammo nel tempo che non era tanto migliore la nuova zona, zia l’andavo spesso a trovare ci stava complicità con lei e l’ho adorata tanto.
In quel posto che lì per lì appariva anche elegante e più decoroso, regnava diversamente da prima una certa tranquillità perlomeno. Ci eravamo spostate di un paio di viali soltanto ma essendo una bambina mi parve una distanza enorme.

(continua)